Scopriamo insieme la prima e più importante criptovalute. Bitcoin, cos’è e come funziona?
Si tratta della prima moneta virtuale, che fonda la sua esistenza sulla blockchain come infrastruttura digitale e sull’utilizzo della crittografia, cui spetta il compito di assicurare la necessaria sicurezza alle transazioni che vi hanno luogo e l’immutabilità dei dati inseriti al suo interno.
Il sistema su cui si regge BTC vanta inoltre una caratteristica che ne ha sospinto sin qui le fortune, la pratica assenza di intermediari, a partire da banche centrali e governi. Una peculiarità tale da spiegare anche l’avversione della politica nei confronti di Bitcoin e degli asset digitali in generale.
Nonostante se ne parli moltissimo ormai da anni, però, molto spesso chi lo nomina ignora molti aspetti della creazione di Satoshi Nakamoto, sino ad incappare in errori di non poco conto.
In questa guida andiamo quindi a cercare di comprendere meglio cos’è, come funziona e, soprattutto, a sfatare alcuni miti messi spesso in circolazione, a volte in maniera interessata, per cercare con tutta evidenza di contrastarne la diffusione.
Bitcoin: cos’è e come funziona
Per Bitcoin si intende la moneta virtuale creata nel 2009 da Satoshi Nakamoto, basata sulla tecnologia blockchain, ovvero sulla distribuzione di un libro mastro (registro) tramite i nodi che compongono la rete. Il principio fondamentale su cui si basa è quello della decentralizzazione, ovvero sull’assenza di un’autorità centrale in grado di controllarlo e ispirare le decisioni che lo riguardino.
Il piano originario predisposto dal suo fondatore ed esplicitato nell’ormai celebre White Paper, intitolato “Bitcoin: A Peer-To-Peer Electronic Cash System”, prevede un’offerta complessiva pari a 21 milioni di esemplari, che dovrebbe avere termine nel 2140.
Dal Genesis Block, ovvero dall’inclusione del primo blocco nella blockchain, sono stati coniati token per un quantitativo pari al 90% dell’offerta complessiva e proprio il fatto che rimanga una parte tutto sommato trascurabile di essa da avviare al mercato potrebbe spingere gli osservatori a porsi una domanda del tutto legittima: perché così tanto tempo prima dell’esaurimento del piano? Il motivo è da ricercarsi proprio nel modo in cui avviene il conio dei nuovi token.
Introduzione al Bitcoin Mining
Per poter produrre Bitcoin, infatti, è necessario il mining. Per tale si intende l’attività di calcolo portata avanti dai minatori in cambio di ricompense. Attività che presuppone calcoli matematici estremamente complessi e la quale necessita di terminali molto potenti e costosi. In pratica, andando avanti nel tempo non solo l’attività di aggiunta dei blocchi alla catena aumenta, ma diventa anche meno conveniente.
Proprio questa modalità di conio, però, unendosi al fatto che si tratti di un bene finito, contribuisce a dare stabilità alla sua quotazione. In pratica rende impossibile pensare di poter inondare il mercato con nuovi token, facendo in modo anzi da rallentarne l’immissione all’interno dello stesso.
Non a caso, nel corso degli ultimi anni si è iniziato a indicare BTC alla stregua di oro digitale. A giustificare tale reputazione è proprio il fatto che, al pari di quello fisico, si tratta di un bene destinato a finire, avvantaggiandone il prezzo. Una volta coniato (o acquistato da chi non partecipa al mining), Bitcoin deve naturalmente essere conservato in un luogo sicuro.
Come custodire Bitcoin
Come accade per il denaro reale occorre un conto corrente o un portafogli, che nel caso di quello virtuale è il wallet, in pratica un piccolo database personale il quale può essere archiviato in due modi:
- Tramite cold storage (conservazione a freddo), che consente di tenere il proprio tesoro offline, quindi fuori dalla portata di attacchi informatici che sono estremamente frequenti e insidiosi;
- Con l’hot storage, nel caso si preferisca ricorrere ad un wallet esterno, fornito da un exchange, e in questo caso l’esposizione ad attacchi hacking aumenta in maniera esponenziale.
L’importanza dell’halving
In questo contesto, una particolare importanza viene assunta dal cosiddetto halving. Di cosa si tratta?
In pratica, una volta che vengono raggiunte prestabilite soglie per quanto riguarda il numero di blocchi facenti parte della rete, le ricompense spettanti ai minatori si dimezzano. Il risultato che solitamente segue l’halving è un deciso rafforzamento della quotazione di Bitcoin, come è in effetti avvenuto dopo quello del 2020 e in quelli precedenti.
In quella occasione le ricompense sono state portate da 12,5 a 6,25 BTC, rendendo di conseguenza meno conveniente partecipare all’attività. Attività che si presenta alla stregua di una sfida: chi risolve prima degli altri i complessi calcoli matematici su cui si basa il processo, si aggiudica la ricompensa. Ne consegue che, per aumentare le possibilità di farlo i minatori sono costretti ad acquistare le macchine più potenti proposte dai vari produttori, con spese a volte proibitive.
Perché questo procedimento? Il motivo è in fondo molto semplice: in tal modo viene ridotto il quantitativo di monete virtuali estratte con il passare del tempo, ponendo le basi affinché a parità di domanda il prezzo resti stabile o si rafforzi.
In pratica, Satoshi Nakamoto ha delineato un meccanismo completamente diverso da quello cui rispondono le valute fiat, il cui quantitativo può invece essere aumentato su decisione delle banche centrali, facendo perdere di valore a quelle già prodotte.
Bitcoin è perciò deflattivo e questa caratteristica è tenuta in debito conto da chi è alla perenne ricerca di beni rifugio, ovvero in grado di resistere alle fasi avverse del mercato e ad eventi traumatici dell’economia.
Per cosa può essere utilizzato Bitcoin?
Una volta che sia stato creato, Bitcoin può essere utilizzato per effettuare pagamenti o investimenti.
Per quanto riguarda la prima possibilità, sono sempre di più le aziende di grandi dimensioni che lo accettano per il saldo della merce acquistata. In tal senso ha fatto molto discutere l’apertura da parte di Tesla, la società di autoveicoli green fondata da Elon Musk. Se non sono ancora moltissime le realtà che hanno compiuto lo stesso passo, occorre però sottolineare come sia in costante aumento questo particolare novero.
È poi possibile fare trading per cercare di trarre profitto dalle variazioni di prezzo di BTC, attività però estremamente rischiosa a causa della volatilità che lo caratterizza. Basta infatti il propagarsi di una notizia per vedere il suo prezzo schizzare verso l’alto o flettere in maniera vistosa nell’arco di pochi minuti. Ove si intenda seguire questa strada e affrontare rischi supplementari, si deve cercare di approntare una strategia in grado di ridurli, per quanto possibile.
Se i pericoli sono molto elevati, al tempo stesso sono abbastanza modesti se rapportati a quelli che affliggono il denaro tradizionale in alcune aree del mondo. L’esempio classico in tal senso è quello dell’America Latina, ove i livelli inflattivi elevatissimi spingono un gran numero di persone a convertire stipendi e pensioni appena percepiti in Bitcoin.
Anche se il prezzo di Bitcoin può calare, infatti, è molto difficile che possa farlo con la stessa intensità del valore d’acquisto delle valute fiat. Un processo, la conversione di valuta fiat in Bitcoin, che è sempre più popolare in Paesi come Argentina, Venezuela, Brasile e Colombia, tradizionalmente esposti all’inflazione.
La prima transazione in Bitcoin nel mondo reale: Bitcoin Pizza Day
Il 22 maggio 2010 è avvenuta la prima transazione documentata in bitcoin per beni reali, da allora il 22 maggio segna il Bitcoin Pizza Day.
Nel 2010, Laszlo Hanyecz scambiò 10.000 BTC per due pizze da Papa John’s, dimostrando il potenziale reale delle criptovalute.
All’epoca, quei bitcoin valevano circa 41 dollari; oggi, il loro valore è di milioni di dollari, rendendo questo evento iconico nella storia di Bitcoin.
Il Bitcoin Pizza Day non solo celebra questa transazione storica, ma sottolinea anche l’evoluzione e la crescente adozione del bitcoin nel mondo reale.
Ogni anno, la comunità delle criptovalute celebra ordinando pizze, condividendo storie e riflettendo sul futuro delle criptovalute.
Questo giorno è un promemoria del percorso del bitcoin da una curiosità tecnologica a un asset finanziario di rilevanza globale.
La Forza di di Bitcoin
Dopo aver visto nel dettaglio cos’è Bitcoin e come funziona, è senz’altro arrivato il momento di provare ad elencarne i motivi che ne hanno sospinto le fortune nel corso degli anni passati dal suo debutto.
Tra di essi, i più rilevanti sono i seguenti:
- La grande libertà che caratterizza i pagamenti effettuati con questa criptovaluta. Chi li possiede può infatti trasferire BTC da un luogo all’altro del globo con un semplice dispositivo online, senza alcun genere di limitazione od ostacolo frapposto da un’autorità centrale;
- I profili molto alti di privacy. Nel corso delle transazioni, infatti, non vengono trasmesse informazioni personali, con conseguente riduzione dei pericoli di frodi o di furti relativi all’identità degli interessati;
- L’assoluta trasparenza che caratterizza le transazioni. Contrariamente a quanto affermato da alcuni personaggi influenti della finanza tradizionale e della politica, ogni transazione viene infatti registrata sul libro mastro della blockchain e può essere consultata da chiunque intenda farlo.
Le accuse a Bitcoin sono fondate?
Come abbiamo già ricordato, l’icona criptovaluta ideata e sviluppata dal misterioso Satoshi Nakamoto è stata ripetutamente accusata di essere uno strumento perfetto per l’economia criminale. Basti ricordare a tal proposito l’accusa lanciata da Davide Serra, il fondatore di Algebris, secondo il quale Bitcoin sarebbe illegale. Un giudizio del resto condiviso per lungo tempo da Jamie Dimon, numero uno di JPMorgan Chase & Co., uno dei maggiori istituti bancari degli Stati Uniti.
Non di rado, proprio a causa dell’utilizzo sul Dark Web, BTC è stato indicato alla stregua di una vera e propria lavanderia di soldi provenienti da attività illecite. La domanda che ci si dovrebbe porre, a questo punto, è la seguente: quanto è vera questa tesi?
Curiosità sulla privacy di Bitcoin
Secondo la Bitcoin Foundation per nulla, risposta del resto comprensibile, provenendo da una parte interessata. A sostenerla è però anche Gaspare Jucan Sicignano, un ricercatore dell’Università Suor Orsola Benincasa di Napoli. La sua tesi è contenuta in uno studio intitolato “Bitcoin e riciclaggio”, in cui l’autore ricorda che ogni transazione tale da prevedere l’impiego di Bitcoin è pubblica. A renderla tale il suo inserimento nel registro elettronico della blockchain, il quale può essere consultato da chiunque intenda farlo.
A chi risponde che sono le transazioni stesse a essere garantite dall’anonimato, lo stesso Sicignano contrappone un ulteriore argomento, ricordando che bastano normali tecniche di investigazione digitale per risalire ai due estremi delle operazioni, i wallet interessati.
Occorre a questo punto ricordare che proprio i portafogli virtuali sono sottoposti alle normative KYC (Know Your Customer) e AML (Anti Money Laundering), varate nel preciso intento di contrastare evasione fiscale e attività cyber-criminali.
Infine, occorre ricordare che anche le valute fiat sono usate dalla criminalità organizzata, senza che nessuno si proponga di metterle al bando. Perché lo si fa nei confronti di Bitcoin? La risposta è in fondo abbastanza semplice: dal punto di vista ideologico rappresenta un vero e proprio attacco alla finanza tradizionale. Considerate le implicazioni, non dovrebbe stupire la vera e propria guerra ideologica in atto.
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